Il 10 giugno la COVIP, Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ha presentato la Relazione annuale relativa al 2021 sulla situazione complessiva della previdenza complementare, illustrata dal suo presidente Mario Padula. Il dato complessivo di questo sistema previdenziale integrativo indica che gli iscritti a tutte le forme è di 8.771.149 persone, in crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente, numero che corrisponde al 34,7% della forza lavoro italiana composta sia dai lavoratori dipendenti che da quelli autonomi. In particolare, quelli iscritti ai 33 Fondi Negoziali, istituiti con i contratti di lavoro, sono 3.368.703. Ma il dato alquanto preoccupante è che oltre un milione d’iscritti da cinque anni non ha più versato nulla al fondo in cui è iscritto, indice questo sia della crescente disaffezione verso questa forma di risparmio previdenziale sia della stasi della crescita dell’economia italiana, aggravatasi per effetto del blocco di molte attività causa COVID poiché i non contribuenti sono stati ben 2.400.000 iscritti. Tra i Fondi negoziali, i non versanti sono stati 725.144 pari al 21,5% degli iscritti e quelli che non lo fanno da oltre cinque anni sono 220.354. Un altro dato esposto riguarda le classi di età che contribuiscono ai fondi. La maggior parte è quella più anziana e quindi tendenzialmente più preoccupata per la futura pensione: infatti, il 50,3% degli iscritti ha un’età compresa tra 35 e 54 anni cui si aggiunge un altro 31,9% che ha superato i 55 anni. I giovani - un po’ per una naturale indifferenza per la futura pensione, un po’ per la maggiore precarietà dei loro rapporti di lavoro - non vi partecipano.
I RENDIMENTI
L’aspetto della previdenza complementare che interessa maggiormente, e che dà anche il significato della sua esistenza, è quello del rendimento dei contributi contrattuali, di legge (il TFR) o volontari versati ai fondi. Lo scorso anno i fondi negoziali hanno avuto un rendimento del 4,9% rispetto all’incremento di legge del TFR che è stato del 3,6%. Su base decennale, il rendimento medio dei Fondi Negoziali è stato del 4,1% dinanzi all’1,9% del TFR nello stesso periodo. Ricordiamo che il Trattamento di fine rapporto funziona come termine di paragone in quanto viene fatto conferire per legge ai Fondi, salvo opzione negativa, nelle aziende superiori a 50 dipendenti. La differenza, come si nota, è assai rilevante il che dovrebbe indurre maggiormente i lavoratori dipendenti ad aderire e contribuire al proprio fondo di categoria.
LE PRESTAZIONI
Poiché in effetti i fondi pensione hanno cominciato ad essere operativi solo dopo il 2005, sono relativamente pochi i lavoratori che sono andati in pensione e hanno quindi potuto usufruire della rendita corrisposta alla cessazione del rapporto di la[1]voro. Comunque alcuni dati sono già presenti e, per esempio, nel 2021 risultano erogati dai Fondi negoziali 2.639 milioni di prestazioni di cui 873 milioni sono riscatti, 1.702 milioni come capitale e solo 64 come rendita pensionistica, cifre che ovviamente rispecchiano anche la tendenza degli anni precedenti. Il che fa pensare che la partecipazione ai fondi pensione venga considerata più come una forma di risparmio che come quella di costituirsi una pensione aggiuntiva, e questo va indubbiamente messo in relazione al fatto che finora – nonostante gli allarmismi spesso diffusi appositamente - le pensioni erogate dalla previdenza obbligatoria sono ancora assai consistenti, soprattutto se percepite con molti anni di contribuzione. |