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14-06-2022/10:39:00 Visitato: 306
Salario minimo, dignità massima

Salario minimo, dignità massima

di Gianmario Gazzi

 

“Le nuove regole sul salario minimo proteggeranno la dignità del lavoro”. Esulta Ursula von der Leyen dando la notizia del via libera alla direttiva sui livelli minimi di retribuzione per contratto o legge ed esultano in tanti, soprattutto in Italia, dove si scopre soltanto oggi che negli ultimi 30 anni, TRENTA ANNI!, i salari sono diminuiti. Ma non ce ne potevamo accorgere prima, che ne so, dieci anni fa e mettere in campo qualcosa?

Esultiamo anche noi che all’inizio di questo 2022, tra la pandemia che non dava tregua e il fuoco che covava nella vicinissima Ucraina, abbiamo programmato a Torino un convegno su lavoro e dignità. Lo abbiamo programmato e ci abbiamo lavorato cercando di mettere a nudo quelle situazioni – tante purtroppo – nelle quali il lavoro non rende liberi e la retribuzione è così misera o così difficile da ottenere, che le persone sono costrette a mettere a repentaglio il loro decoro, la loro sicurezza e la loro rispettabilità.

Abbiamo scoperto l’acqua calda, percentuali, numeri, condizioni, che sono sotto gli occhi di tutti o almeno che dovrebbero essere sotto gli occhi di chi negli ultimi giorni ha riscoperto la parola lavoro. E scrive, discetta, promette dovunque sia possibile: media vecchi e nuovi, piazze, scranni istituzionali.

E cioè che:

-l’11,8% dei lavoratori italiani è povero, che il 25% ha un salario basso;

-che l’economia non osservata è l’11,3% del Pil e che il lavoro sommerso, quello dei migranti, ma non solo, vale 183 miliardi di euro mentre quello illegale supera i 19 miliardi;

-che i morti sul lavoro, in Italia, nel 2021, sono stati 1221 e oltre 555mila gli infortuni;

-che l’85% delle specializzazioni che saranno richieste nel 2030, oggi non esistono;

-che le donne guadagnano il 15% in meno degli uomini e i giovani under 30, il 50% in meno degli over 50;

-che il part-time involontario è al 66%, la percentuale più alta d’Europa e che il 13,3% degli assunti a tempo determinato lavora per un solo giorno.

Come assistenti sociali, però non ci possiamo fermare alle statistiche conosciute, perché davanti a noi arrivano le difficoltà dei disabili, i problemi delle donne che subiscono violenza a mantenere un’occupazione, gli ostacoli per chi ha un familiare con problemi di salute mentale a conciliare casa e lavoro... Se mettiamo insieme tutte queste cose, non possiamo negare che per chi non riesce neanche ad accedere al lavoro, il salario minimo diventa un problema superfluo.

Le leggi, contro il caporalato, contro le dimissioni in bianco, per aiutare chi è in difficoltà, per l’inserimento lavorativo protetto, per la sicurezza… ci sono, ma poi non ci sono controlli sufficienti e latitano le strutture per l’aiuto e l’accompagnamento. È il solito vizio italico, ci concentriamo sui soldi e non sulle opportunità e i servizi per chi è escluso.

Tutto questo cercheremo di mettere insieme per portare le priorità e le proposte da presentare il 17 giugno a Torino, la città simbolo del lavoro in Italia che tiene insieme tutte le sfaccettature, le tragedie e le fortune, di questo sostantivo maschile: la forza del riscatto, l’integrazione, le conquiste salariali e dei diritti, le lotte e le sconfitte, la crescita e la recessione, lo sfruttamento e l’insicurezza.

La direttiva europea è un passo che salutiamo con soddisfazione. Ma per favore, non abbiamo abolito la povertà con un provvedimento bandiera e non restituiremo dignità al lavoro soltanto con una direttiva europea!

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