Un lavoratore licenziato per preteso giustificato motivo oggettivo ha ottenuto l'accertamento della natura ritorsiva del provvedimento espulsivo, quale ingiusta e arbitraria reazione della società datrice di lavoro al legittimo rifiuto da parte del prestatore di una riduzione dell'orario di lavoro. La Società convenuta, solamente quattro giorni dopo il rifiuto opposto dal lavoratore, gli aveva intimato il licenziamento per una generica riduzione di attività, la cui effettività non è risultata provata in corso di causa. Il Tribunale di Milano ha chiarito che, se anche il motivo ritorsivo per poter essere qualificato come tale (e conseguentemente viziare di nullità il recesso) deve essere determinante ed esclusivo, ciò non esonera il datore di lavoro dall'onere di provare l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo ('solo ove tale prova sia stata almeno apparentemente fornita, incombe sul lavoratore l'onere di dimostrare l'intento ritorsivo e dunque l'illiceità del motivo unico e determinante del recesso'). Ciò osservato -, in particolare poi, il Giudicante - nell'assenza della comprovata attendibile sussistenza di un giustificato motivo di licenziamento - ha ritenuto provata la natura ritorsiva dell'estromissione in ragione della sola continuità temporale, e pertanto causale, tra il rifiuto opposto dal ricorrente e il recesso datoriale. |