Per la Suprema Corte non è convincente la tesi della società secondo la quale la corte territoriale non aveva tenuto conto della differenza tra gli abiti consegnati e indossati dai lavoratori e i Dpi che erano “a perdere” e non avevano bisogno di lavaggi. Per i giudici, invece, non risultando alcun riferimento ad altri indumenti consegnati agli operatori ecologici al di fuori dei dispositivi di protezione individuale né che gli stessi fossero a perdere, ha ragione il giudice di secondo grado a confermare l’inadempienza del datore di lavoro all’obbligo di provvedere alla manutenzione degli indumenti consegnati ai lavoratori ivi compreso il lavaggio. Obbligo che nasce ex lege, hanno sottolineato dal Palazzaccio, poiché a norma prima dell’art. 379 del d.p.r. n. 457/1955 e dopo degli artt. 40 e 43, commi terzo e quarto, d.lgs. n. 626/1994, l’idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori deve essere garantita “non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa”, per cui, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli abiti in uno stato di efficienza, “esso non può non essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell’obbligo previsto dalle citate disposizioni”. Essendo, dunque, acclarato l’inadempimento, ha concluso la S.C. respingendo il ricorso, bene ha agito la corte territoriale nel ritenere l’azienda tenuta a risarcire il danno ai lavoratori, quantificandolo attraverso apposita Ctu che ha stimato i costi sostenuti dagli stessi per provvedere personalmente al lavaggio degli indumenti. |